domenica 13 marzo 2011

Un anno sull'Altipiano

<<L'ufficiale austriaco accese una sigaretta. Quella sigaretta creò un rapporto improvviso fra lui e me. Fu un attimo. Il mio atto del puntare, ch'era automatico, divennne ragionato. Dovetti pensare che puntavo, e che puntavo contro qualcuno. L'indice che toccava il grilletto allentò la pressione. Pensavo. Ero obbligato a pensare. Avevo il dovere di tirare. E intanto non tiravo. Avevo di fronte un ufficiale, giovane, inconscio del pericolo che gli sovrastava. Avrei potuto sparare mille colpi a quellla distanza, senza sbagliarne uno. Bastava che premessi il grilletto: egli sarebbe stramazzato al suolo. Questa certezza che la sua vita dipendesse dalla mia volontà, mi rese esitante. Avevo di fronte un uomo. Un uomo! Un uomo! Ne distinguevo gli occhi e itratti del viso. La luce dell'alba si faceva più chiara ed il solo si annunziava dietro la cima dei monti. Tirare così, a pochi passi, su un uomo... come su un cinghiale!! Uccidere un uomo, così, è assassinare un uomo. Non so fino a che punto il mio pensiero procedesse logico. Certo è che avevo abbassato il fucile e non sparavo. In me s'erano formate due coscienze, due individualità, una ostile all'altra. Dicevo a me stesso: "Eh! Non sarai tu che ucciderai un uomo, così!">> ( da p. 136 a p. 138)

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