venerdì 25 febbraio 2011

"Nonno mi racconti la Seconda Guerra Mondiale??"


“Nonno cosa ricordi della Seconda Guerra Mondiale?”
“Tutto…”
“Me la potresti raccontare??”
“Sì, ma partiamo dall’inizio….


Nel 1861, venne proclamato il Regno D’Italia ( di cui proprio in questi giorni ricorre l’anniversario per i 150 anni) guidata da Vittorio Emanuele II, erede di Carlo Alberto, re del Regno di Sardegna e successivamente anche del Piemonte.
Alcuni territori, però, erano ancora occupati dagli Austriaci, dagli Austroungarici, dai Borboni e dai Francesi, visti come nemici da quelle popolazioni che poi avrebbero formato “l’Italia”.
Gli uomini che auspicavano l’unità d’Italia, erano però appartenenti a varie correnti di pensiero: Cavour, fedele al re; Mazzini, liberale e appartenente alla carboneria; Garibaldi, rivoluzionario; Gioberti, sacerdote piemontese che “pensava, sognava, un’Italia di lingue, di religione, di lettere, di costume e genio cittadino, di accordo pubblico e privato tra i vari stati e abitanti che la componevano.”
Insomma, era un’Italia composta da diversi uomini, che hanno lottato e perso la vita per arrivare alla libertà.
L’Italia era divisa in 18 regioni e con la “Giovine Italia” erano già iniziati i moti insurrezionali.
L’Italia fu consegnata da Garibaldi a Vittorio Emanuele II, nell’incontro svoltesi a Teano, dopo il quale Garibaldi andò in esilio, ma l’esercito del re continuò ad avanzare, fino ad arrivare al 20 Settembre con la breccia di Porta Pia.
L’occupazione francese cessò e il Papa decadde.
Dopo l’unità, i paesi stranieri respinti dai territori italiani, nutrivano risentimenti verso lo stato italiano e premevano per riconquistare i territori sottratti loro; l’Italia attraversava una grave crisi economica e c’erano ancora enormi divari economici tra la maggior parte della popolazione, formata da contadini, e i pochi nobili aristocratici che detenevano il potere.
Con l’uccisione di UmbertoI scoppiò il primo conflitto mondiale (guerra del ‘15-’18), che l’Italia vinse insieme alla Francia, all’Inghilterra e agli Stati Uniti, ai danni dell’Austria, che cadde in miseria per pagare i danni di guerra.
Agli inizi degli anni ’30, in Italia ed in Germania, cominciano l’ascesa i regimi totalitari, come il nazismo e il fascismo.
Hitler cominciava l’annessione dei territori confinanti con la Germania all’impero nazista, prima l’Austria, poi la Polonia e i Paesi Bassi.
In Italia invece, il regime di Mussolini parte alla volta dell’Africa per guerre coloniali in Abissinia(1935), allo scopo di ampliare l’impero Italiano e dare terre ai contadini che emigravano.
Già nel 1915 l’Italia aveva provato a conquistare territori africani con la campagnia di Libia, ma con la sconfitta di Adua, il sogno coloniale italiano svanì.
L’Italia ha partecipato anche alla guerra civile spagnola insieme alla Germania nel 1937-38.
L’Italia si indebolisce:gli uomini sono al fronte e nelle campagnie rimangono solo le donne, i bambini e gli anziani.
Mancano i generi di prima necessità. Non c’era nulla da mangiare, nemmeno il pane: si mangiava infatti 150gr di pane nero ciascuno al giorno.
Non c’erano le scarpe e i ragazzi indossavano zoccoli di legno e pantaloni rattoppati. C’erano pochissimi veicoli e quei pochi erano destinati al servizio pubblico ed alimentati a legna o a carbone.
Le strade erano buie, senza neanche una luce e le finestre venivano oscurate. Tutti gli agricoltori dovevano consegnare “all’ammasso” il raccolto dei loro campi.
A tutti i bambini e anche a me, a scuola veniva insegnato a coltivare i piccoli giardini situati nel cortile, chiamati “orticelli di guerra”.
Ci veniva anche insegnato a raccogliere la lana( chi ne aveva) che doveva servire per fabbricare i “pastrani” per i soldati; ci insegnavano anche a fabbricare la stoffa con le fibre della ginestra.
Fu abolito il “lei” e si usavano solo il “tu” e il “ voi”.
Si abolirono tutti i nomi stranieri e si italianizzarono i nomi presenti.
La gente soffriva e non aveva di che nutrirsi e di che vestirsi.
La guerra portava ogni giorni nuovi morti, nuovi lutti e nuovi orfani.
La nostra bella Italia, l’Italia tanta amata e combattuta venne invasa da quel esercito che nella Prima Guerra Mondiale fu sconfitto oltre il Piave.
La ricostruzione dell’Italia, fu aiutata dagli Americani, che attraverso il piano Marshall ci tolsero la fame, ci aiutarono a curare le malattie e ci rivestirono.”


- Nonno & la guerra -
“Nonno cosa facevi durante la guerra??”
“Quando ero piccolo, già c’era la guerra in Africa, e io frequentavo la quarta elementare; quando uscivo da scuola andavo in farmacia, da un anziano signore, chimico-farmacista, che mi aiutava a fare i compiti e per il quale facevo delle piccole commissioni.
La domenica la farmacia era aperta fino a mezzogiorno e il farmacista mi regalava due lire.
Sotto casa mia c’era la bottega di un calzolaio e siccome mi affascinavano gli attrezzi del mestiere, a partire dalla quinta elementare, quando uscivo di scuola mi recavo alla bottega.
Guardandolo imparai il mestiere, mi imparai a cucire lo spago, a riparare le suole delle scarpe e a mettere i punti.
Lui riparava le scarpe per i bambini dell “Bambin Gesù” e quando d’estate non andavo a scuola lavoravo con lui e mi dava qualche soldo per i piccoli lavori.
Quando scoppiò la Seconda Guerra Mondiale, non si trova più il materiale per riparare le scarpe e allora si usavano le visiere di cuoio degli elmetti dei soldati, i copertoni delle biciclette, i tubi dell’acqua fatti di gomma oppure il sughero.
Si fabbricavano anche scarpe di corda, fatta con le fibre delle piante, il cosiddetto “moscello”.
Ricordo che nel 1943 l’Italia era continuamente bombardata, gli Americani erano fermi a Napoli, e dopo l’8 Settembre, caduto il regime fascista, l’esercito italiano era allo sbando.
Il 14 Maggio la mia scuola fu bombardata, venne chiusa e noi fummo tutti promossi per merito della guerra.
Dopo pochi giorni fu bombardata Civitavecchia, morirono tante persone e gli sfollati occuparono le vile di Santa Marinella.
Quando avevo 16 anni fui chiamato a fare il fattorino alla posta, dove smistavo le lettere, gli espressi e i telegrammi.
Ci lavorai fino al 10 Settembre, quando Santa Marinella fu occupata dai Tedeschi, e per rimanere nella propria casa bisognava avere un permesso che dimostrava che lavoravi e quale mestiere facevi
Io rimasi perché il calzolaio dimostrò al comandante tedesco che lavoravo con lui.
L’ultimo treno transitato per Santa Marinella l’8 Settembre era carico di grano e tabacco in foglie; un gruppo di volontari allora presero il grano e il tabacco e lo portarono in un magazzino, situato dove ora c’è la caserma dei Carabinieri e li distribuirono 50kg a persona.
Il calzolaio, allora, barattò la sua parte di tabacco con gli anziani di Celere, che in cambio gli diedero olio, vino, pane, legumi e frutta, che dava anche a me.
Il 9 Settembre i militari abbandonarono un magazzino pieno di gallette, sigarette, candele, pacchi di biscotti e cognac, che tutti i paesani si litigarono.
A causa del rastrellamento, la città si spopolò e io che avevo il permesso andai a lavorare al castello di S.Marinella dove sorgeva il quartier generale tedesco.
Qui controllavo gli zaini dei soldati deceduti e molto spesso trovavo elmetti e scarpe che riparavo e rispedivo ad altri soldati al fronte.
Si alternavano varie compagnie che portavano gli zaini dei soldati, e sembravano non finire mai.
Per questo lavoro ottenevo 35 lire al giorno.
Poi i Tedeschi mi reclutarono per scavare i camminamenti nelle trincee, e per questo non venivo pagato perché mi veniva imposto.
Successivamente andai a lavorare nelle ferrovie, dove prendevo 60 lire al giorno e 30 lire in più ogni allarme che suonavo quando facevo il turno di notte.
Successivamente S.Marinella fu liberata dall’occupazione tedesca dalle truppe alleate ma anche dopo la guerra sono stati periodi molti duri, che ancora oggi ricordo, e sono impressi nella mente…”

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